martedì 9 febbraio 2016

BREVE STORIA DELL'OMBELICO. Da dove vengono i bambini. Di Giancarlo Ricci

Riceviamo e pubblichiamo questa "Breve storia dell’ombelico. Da dove vengono i bambini" di Giancarlo Ricci.

Sulla storia dell’ombelico, curioso segno che ciascun essere umano ha inscritto sul proprio corpo, parecchio potrebbe raccontarsi. 
Fin da piccoli i bimbi scrutano insistentemente questo particolare avvallamento in mezzo alla pancia. Chiedono che cosa sia, a cosa serva, chi l’abbia inventato. In realtà non riescono a capire che è una vera e propria cicatrice. Ma cicatrice di che cosa?
Quando un adulto spiega che l’ombelico è una cicatrice, i bimbi rimangono increduli, pensano che sia uno scherzo, il solito giochetto stupido per farli divertire. Viene spiegato loro che un tempo, quando erano più piccoli, venivano alimentati con un tubicino collegato direttamente alla loro pancia. Fanno un po’ fatica i bimbi a capire questa cosa, ma fin qui pare ci arrivino, almeno sembra. 

La vera difficoltà sorge quando essi cercano di capire a che cosa era collegato, dall’altra parte, quel tubicino: a un corpo, a un frigorifero, a un biberon gigantesco? Proprio non riescono a farsi una ragione su dove andasse a finire quel tubicino, a che cosa fosse collegato. 
Alla mamma, rispondono in coro gli adulti. Al corpo della mamma, precisa qualcuno. All’utero della mamma, corregge un altro. In verità, alla placenta, sentenzia infine il vero adulto. A queste risposte i bimbi rimangono un po’ confusi. I più risoluti insistono nel chiedere perentoriamente se questo tubicino fosse attaccato alla mamma o all’utero della mamma. All’utero della mamma, rispondono alcuni adulti. Insomma, alla mamma che ti ha nutrito, rispondono altri. 
A questo punto alcuni bambini rimangono perplessi e pensosi. I più svegli incominciano a questionare: ci avete raccontato che l’utero dove si cresce da piccoli è sempre quello di nostra mamma! Sì, rispondono gli adulti, un po’ seccati, è quello dell’utero della mamma. 
I più svegli, rimuginando, poco dopo sbottano: ma allora l’utero e la mamma possono essere diversi…Gli adulti, spazientiti, ammettono: talvolta è lo stesso della mamma altre volte no. Le domande dei bambini esondano in piena: ma allora, come mai sul mio corpo c’è questa cicatrice che non ha nulla a che fare con mia madre? C’è allora una mamma vera e una mamma falsa? Qual è dunque mia mamma? Allora io da dove provengo? Da chi sono stato nutrito? Allora anche il mio corpo può essere il mio o quello di un altro. Mi hanno sostituito la mamma, scuote la testa il bimbo più appartato. 

Gli adulti, travolti da tante e inconsuete domande, ormai avevano molte altre cose da fare e si apprestano a squagliarsela a passi felpati. 
Prima che l’ultimo adulto lasciasse la stanza sentì la voce del bimbo più grandicello che chiede: Ma il papà sa di tutto ciò? Sa mia padre che l’utero che mi ha nutrito e cresciuto non è quello di mia mamma? Lo sa?
Immerso nel silenzio proseguì da solo i suoi pensieri: se mio papà lo sa significa che era d’accordo. Se questo è vero, significa che mio padre mi ha generato con un’altra donna. Oppure il corpo da cui provengo è stato fecondato da un altro uomo. Insomma da dove vengono i bambini? Da quante madri o da quanti padri…

Così, dopo tutto ciò, alcuni bimbi si convinsero che quella cicatrice che avrebbe dovuto significare sul proprio corpo, la traccia della propria storia e della propria provenienza, in realtà rappresentava qualcos’altro che non riuscivano a intendere… 

Nessun commento:

Posta un commento